Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha indicato come l’Esercito dell’Italia dovrebbe rimodularsi, a partire dai riservisti. Le sfide dell’attualità, le minacce cyber e le nuove forme di guerra ibrida hanno infatti imposto la necessità di aggiungere più ingegneri, informatici, esperti di elettronica.
Verso il summit della Nato all’Aia
Manca un mese al summit della Nato all’Aia e il Ministro della Difesa dell’Italia Guido Crosetto ha fatto il punto su come l’Esercito dovrebbe aggiornarsi e rimodularsi.
Di fronte alle sfide dell’attualità, le minacce cyber e le nuove forme di guerra ibrida, per le Forze Armate nazionali saranno sempre più importanti gli ingegneri, informatici, esperti di elettronica. Oltre al tema bellico, si è affermato l’attivismo dei criminali informatici, con il trafugamento di dati e informazioni. I quali, a loro volta, si possono usare per chiedere riscatti o per la vendita sul dark web.
Sono tutte dimensioni attinenti a quella più classica della ‘difesa’, giacché i confini sono sempre meno marcati. Conseguentemente, come ha sottolineato il Ministro, servirà “un’Italia più dentro la Nato” e in base alle necessità, “un aumento dei riservisti“.
Prospettive logistiche
Dal punto di vista finanziario, gli investimenti necessari dovrebbe aggiungere “altri dieci miliardi di euro“. In questo senso, il Governo ha sottolineato come i tempi per mettere a sistema queste risorse siano limitati. Il tutto, nella misura in cui l’Italia sarebbe rimasta “uno tra i venti Paesi su trenta a non aver ancora raggiunto il livello previsto in Galles, nel vertice della Nato del 2014“.
Ai sensi della nuova strategia, questo il prospetto per i riservisti. Il Governo ha spiegato che agirà per “la revisione della riserva” e in particolare della “riserva selezionata“. La quale, negli ultimi venti anni, è sempre stata uno dei pilastri delle Forze Armate italiane.
In termini di figure richieste, l’attenzione per le minacce cibernetiche si è tradotta nella richiesta di ingegneri. All’interno delle varie unità, gli ingegneri dovranno lavorare in sinergia e in simbiosi con gli informatici e perfino con degli hacker. Di qui, la decisione che la riserva sarà integrata “per numero e qualità con una ulteriore quota di completamento da alimentare“.
E lo sarà “sia con il personale che lascia il servizio attivo dopo una ferma prefissata sia, se necessario, con personale privo di pregresse esperienze militari“. Un grande spazio sarà dunque quello per i civili. Nell’organizzazione del lavoro delle ultime settimane, un decreto della Difesa ha chiesto alle singole forze armate, dall’Aeronautica alla Marina, di “mappare” le carenze di organico.
Questione di obiettivi
Secondo alcuni analisti che hanno consultato le linee programmatiche, l’obiettivo sarà formare una forza di diecimila uomini. Questa unità, più che all’estero, avrà compiti e dovrà operare soprattutto all’interno dell’ordinamento italiano, all’interno di scenari di crisi.
I legami che nel ‘Sistema Paese’ Italia esistono tra tutti i settori – e alla luce del settore cibernetico – hanno richiesto un adeguamento anche dell’Esercito. I prossimi mesi saranno decisivi, sia per mettere a sistema tutte le misure definite che per implementarle.
La visione di Crosetto
Per aumentare le capacità del sistema, il tema è ovviamente anche quello degli stipendi. Lo aveva detto lo stesso Ministro lo scorso gennaio durante un’audizione in IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla difesa cibernetica.
Il Ministro ha posto al centro il tema degli stipendi nella Pubblica Amministrazione – considerati troppi bassi – soprattutto per attrarre persone competenti nell’ambito della cybersecurity.
Queste le sue parole: “Noi abbiamo il problema che le nostre regole del pubblico impiego sono totalmente incompatibili per i tempi in cui viviamo. Lo dico prendendomi la responsabilità. Il blocco a 240 mila euro va bene per prendere qualche voto. Non va bene per avere le migliori competenze che servono a un Paese per affrontare queste sfide“.
E ancora:”Con 240 mila euro, sulla cyber, non trovi neanche il più sfigato degli hacker. Gli esperti di questo settore nel Mondo sono in grande parte italiani. Ebbene, non ce n’è uno che ha dimostrato interesse a lavorare in Italia”.