TikTok e social, ecco perché serve una cittadinanza digitale consapevole

Il problema è rilevante, lo si dice già da qualche anno, ma la situazione rischia di sfuggire completamente di mano se non si interviene in modo opportuno

Di recente ha ripreso vigore il dibattito sui rischi legati alle piattaforme social, a seguito della decisione del Garante per la protezione dei dati personali, che ha disposto nei confronti del social TikTok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non risulta essere accertata con sicurezza l’età anagrafica. 

Nel mirino del Garante anche Facebook e Instagram

Una decisione incisiva e conseguente alle precedenti azioni dello stesso Garante, che aveva già contestato alla piattaforma una serie di violazioni, tra le quali la scarsa attenzione alla tutela dei minori e la poca chiarezza nelle informazioni sulla privacy. Ulteriori azioni di approfondimento sono previste verso Facebook ed Instagram, in particolare per ciò che attiene alle verifiche che queste piattaforme mettono in atto al momento dell’iscrizione. Non è raro, infatti, che bambini – che per la loro età non dovrebbero accedere a queste piattaforme e applicazioni – dispongano di smartphone e creino i loro profili social.

Il problema è rilevante, lo si dice già da qualche anno, ma la situazione rischia di sfuggire completamente di mano se non si interviene in modo opportuno. Diverse sono le prospettive di intervento, dal momento che agire con efficacia richiede necessariamente un approccio integrato, che va dal rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali per le piattaforme social, ad un’estesa e costante azione educativa per lo sviluppo di un’adeguata consapevolezza dei rischi e delle conseguenze dell’uso, in generale, dei dispositivi digitali. Molti giovani usano ormai con sorprendente abilità gli strumenti tecnologici, ma spesso trascurano questioni importanti, come la protezione dei loro dati ed i rischi ai quali si espongono in rete.

Vietare significa per i giovani indurli a trovare strade alternative pur di raggiungere i loro obiettivi

La criminalizzazione dei social, così come proposte di divieto, spesso avanzate da genitori giustamente preoccupati di possibili negative conseguenze, non è però la soluzione: tutti siamo consapevoli che vietare significa per i giovani indurli a trovare strade alternative pur di raggiungere i loro obiettivi. Alla ricerca di una loro identità, si affidano al mondo dei social per trovare una collocazione, condividere interessi e fare di tutto per essere parte di una comunità. 

Attraverso una rapida evoluzione sperimentale, le moderne generazioni hanno optato per strumenti di intrattenimento che puntano sull’immagine e che hanno nei “video” il loro elemento di forza, come appunto TikTok, Instagram e YouTube. Il successo di TikTok, ad esempio, è legato soprattutto alla possibilità di creare, combinare e caricare brevi video musicali personalizzati (dagli sticker agli sfondi), di fare dirette video e di partecipare a competizioni, purtroppo anche estreme.

In aumento i casi di cyberbullismo e di revenge porn

La pandemia, che ha costretto ad un isolamento generale gran parte della popolazione mondiale, ha prodotto conseguenze anche sulla salute psichica delle persone. Dopo un anno di restrizioni, una vita sociale ridotta per effetto della chiusura delle scuole e la generale mancanza di sostegno in una fase particolarmente difficile, emergono le ripercussioni sulla salute mentale di bambini e adolescenti, in particolare l’aggravarsi di un disagio già noto da tempo e l’incremento del rischio di suicidio. Sempre a causa della pandemia, la parte oscura della rete ha ripreso forza, come testimoniato dall’aumento di casi di cyberbullismo e di revenge porn.

La riflessione, quindi, deve andare oltre la questione TikTok perché il problema potrebbe riguardare un domani altre applicazioni o piattaforme.  In un’epoca sempre più scandita dall’iperconnessione, dai selfie, dall’ossessione di avere sempre più followers, occorre necessariamente rimettere al centro le persone. Connettersi significa prima tutto relazionarsi con gli altri, ancor prima che connettersi in termini tecnologici. Gli esseri umani devono imparare a governare gli strumenti digitali, difendendosi anche dal marketing incessante e persuasivo teso a far seguire le mode del momento.

La cittadinanza digitale consapevole

Ma per farlo devono innanzitutto comprendere come funziona il mondo digitale, quali sono i meccanismi che ne sono alla base, quali rischi e conseguenze derivano da un funzionamento errato o distorto delle tecnologie digitali. Partendo dai più giovani, visto che sempre più precocemente si avvicinano al digitale, ci si deve attivare per lo sviluppo di una “cittadinanza digitale consapevole”, che vede l’individuo come soggetto attivo e responsabile nel mondo digitale  e non come consumatore passivo.

Gli attori da coinvolgere

Gli attori da coinvolgere in questo percorso sono diversi. Prima di tutto ragazzi e ragazze che – come abbiamo detto – vanno responsabilizzati attraverso adeguati percorsi di consapevolezza digitale, con strumenti idonei a favorirne un coinvolgimento attivo e partecipato.  Le istituzioni che orientano le attività educative devono inoltre necessariamente considerare gli aspetti di consapevolezza digitale nell’insegnamento obbligatorio a partire dalla primaria, meglio ancora se accanto a quello dell’informatica che regola il mondo digitale. Ci sono esperienze a livello europeo che vanno in questa direzione, come nel Regno Unito dove già da qualche anno in tutte le scuole il curriculum prevede l’informatica come  materia obbligatoria di insegnamento e tra gli obiettivi di apprendimento c’è anche l’uso sicuro e rispettoso della tecnologia.

Occorre quindi un’attività educativa strutturale, che non può essere lasciata al caso o all’improvvisazione o a progetti estemporanei che nascono e muoiono sulla base di bandi istruiti al momento.

Ruolo fondamentale poi è quello degli insegnanti, che però devono essere messi nelle condizioni di poter svolgere il proprio ruolo educativo anche su questi aspetti, formandoli e dotandoli di materiali fruibili per le lezioni. Da ultimo, ma non per importanza, è necessario il coinvolgimento dei genitori, che spesso non conoscono quel mondo digitale nei quali i loro figli si rifugiano e rischiano, per la differenza di linguaggio tra loro, di creare una maggiore distanza anziché colmarla. 

A corredo di tutto questo va infine considerato il ruolo di coloro che, ricoprendo cariche pubbliche, fanno ampio uso dei media digitali per comunicare con il vasto pubblico. Avere dei modelli di riferimento positivi è fondamentale per avviare un processo di cambiamento culturale di vasta portata.

Ci vuole coraggio per affrontare tutto questo, ma soprattutto una visione diversa del mondo digitale che non può ridursi ai giochi online e ai social più in voga al momento. 

Psicologa sociale, Presidente Centro Ricerche Themis

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