AI militare, gli Emirati Arabi reclutano esperti USA licenziati dal DOGE. Il nodo G42 e i legami con la Cina

Gli Emirati Arabi Uniti reclutano personale statunitense allontanato dal DOGE per lavorare sull’AI per le loro forze armate. Ma tra promesse politiche e realtà geopolitica, resta la preoccupazione che l’AI sviluppata per scopi militari possa sfuggire al controllo delle democrazie occidentale.

Una squadra di élite di tecnologi americani, fino a poche settimane fa al servizio del Dipartimento della Difesa statunitense, è stata recentemente contattata dagli Emirati Arabi Uniti per lavorare allo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale destinati alle forze armate del Paese del Golfo.

L’inchiesta è stata riportata in esclusiva da Kim Zetter sul sito Zero Day. L’offerta milionaria, secondo l’autrice, sarebbe avvenuta con il benestare del Pentagono. Tuttavia, solleva interrogativi geopolitici e di sicurezza, soprattutto alla luce dei legami tra Abu Dhabi e Pechino.

Chi sono i tecnici corteggiati dal Golfo

I profili cercati dal generale Musallam Al Rashidi, direttore dell’Ufficio del Supremo Comandante delle Forze Armate degli EAU, sono quelli dell’ex Defense Digital Service (DDS), una task force tecnologica del Pentagono soprannominata “la SWAT dei nerd”. Il DDS è stato smantellato di fatto a seguito dell’ascesa del Department of Government Efficiency (DOGE), guidato da Elon Musk, che ha imposto un’impronta ideologica e politica malvista da gran parte degli esperti digitali del governo federale. Circa 30 dipendenti DDS hanno rassegnato le dimissioni lo scorso mese, in segno di protesta.

“Ci hanno presentato come un team di ingegneri che garantisce al Dipartimento della Difesa l’adozione delle migliori tecnologie”, ha raccontato uno degli ex DDS. “Ma a DOGE non interessava affatto lavorare con noi”.

In quel vuoto di competenze si sono inseriti gli Emirati, offrendo al team la possibilità di trasferirsi ad Abu Dhabi per costruire da zero un analogo Digital Service in chiave militare, con una promessa di investimento da un trilione di dollari nei prossimi dieci anni.

“Se volete venire a lavorare con noi… abbiamo soldi per voi”, avrebbe detto il generale Al Rashidi durante uno degli incontri riservati a Washington, secondo una fonte citata da Zetter.

Il nodo G42 e i legami con la Cina

Il tentativo emiratino, pur passando dai canali ufficiali del Dipartimento della Difesa statunitense, è tutt’altro che neutrale. A rendere il tutto più opaco è il coinvolgimento di G42, colosso emiratino dell’intelligenza artificiale con sede ad Abu Dhabi, noto per i suoi investimenti in aziende cinesi come ByteDance (proprietaria di TikTok), e sotto osservazione da parte di agenzie d’intelligence e commissioni parlamentari USA per sospetti legami con i servizi segreti cinesi.

La società è guidata da Peng Xiao, ex cittadino americano di origini cinesi, noto per i suoi rapporti con aziende che sviluppano tecnologie dual-use e per un passato in Dark Matter, controversa impresa di cybersicurezza accusata di aver assunto ex analisti NSA per attività di spionaggio e hacking a favore del governo emiratino.

“Peng Xiao gestisce e collabora con una vasta rete di aziende negli Emirati e in Cina che sviluppano tecnologie a doppio uso e sostengono materialmente la fusione militare-civile cinese”, ha scritto il Comitato della Camera dei Rappresentanti USA sulla concorrenza con il Partito Comunista Cinese.

Uno dei progetti della controllata Pegasus, per esempio, fu realizzato in collaborazione con Huawei per fornire tecnologie di sorveglianza alle forze dell’ordine.

AI militare e sicurezza nazionale

La possibilità che tecnologie sviluppate da ex funzionari USA finiscano per rafforzare capacità militari emiratine — con potenziali ricadute in Cina — allarma esperti e legislatori. Mike Gallagher, ex deputato repubblicano e presidente del comitato sulla competizione con il Partito Comunista Cinese, aveva già richiesto sanzioni contro G42 nel 2023.

“La verità è che io voglio lavorare per il mio Paese”, ha detto un ex DDS che ha lavorato su progetti classificati. “Non mi sento a mio agio a lavorare per un governo straniero, tanto meno per uno che non condivide valori democratici”.

I contatti tra DDS e Al Rashidi, sebbene avvenuti tramite l’Ufficio dell’Addetto alla Difesa del Pentagono, pongono interrogativi sull’efficacia dei controlli sull’export di conoscenza e know-how. I lavoratori intervistati hanno espresso riserve, sottolineando il rischio che le attuali politiche interne degli USA stiano alimentando una vera e propria “diaspora tecnologica”, offrendo a Paesi autoritari l’opportunità di assorbire competenze strategiche.

“Credo che gli Emirati stiano semplicemente approfittando del fatto che il governo federale sta cacciando tecnologi ed esperti a ritmo impressionante, ha dichiarato un altro ex membro del DDS. “Se hai soldi, questo è il momento perfetto per assumere professionisti che normalmente non sarebbero mai disponibili“.

Un’opportunità per l’UAE, un rischio per gli Stati Uniti

L’apertura dell’ex presidente Donald Trump a una cooperazione più stretta con gli Emirati, culminata nell’annuncio di un nuovo centro AI da costruire ad Abu Dhabi, potrebbe aver abbassato la soglia di vigilanza. Il governo emiratino, dal canto suo, ha assicurato che cesserà gli investimenti in aziende cinesi e adotterà misure per impedire la diffusione di tecnologie statunitensi.

Ma tra promesse politiche e realtà geopolitica, resta la preoccupazione che l’AI sviluppata per scopi militari possa sfuggire al controllo delle democrazie occidentali.

La vicenda solleva un punto cruciale: se gli USA continueranno a perdere i propri migliori esperti in nome di purghe politiche interne, altri Stati — con meno scrupoli e maggiori fondi — saranno pronti ad accoglierli a braccia aperte.

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