La domotica vittima del cybercrime. Il caso Philips Hue

Il mercato globale delle smart home ammonta a circa 90 miliardi di dollari per il 2019 con una previsione di crescita del 15% (CAGR) su base annua fino al 2024.

Smart Home: +20% nel 2024

A oggi nel mondo circa una casa su 10 possiede un dispositivo IoT completamente integrato, percentuale che salirà al 20% entro il 2024, anche secondo le stime più conservative.

I motivi della popolarità di questi dispositivi? Sempre i soliti indiziati, il ritorno in termini di efficienza energetica e la maggiore comodità per l’utente che si trova in mano la possibilità di poter controllare e monitorare tutti gli aspetti della propria abitazione/ufficio/azienda.

Tutto vero, ma il presupposto, non banale, è che l’impianto e gli strumenti della Smart Home siano sicuri.

Il caso Philips Hue

Recentemente un team di ricercatori, per esempio, è riuscito a dimostrare come utilizzando un semplice device IoT come le lampadine Smart della Philips Hue fosse possibile infettare un intero network con un malware.

In questo caso si è trattato di un esercizio di escalation. Sono coinvolte un paio di vulnerabilità. Una è la CVE-2020-6007 che è un buffer overflow nel firmware del controller Philips Hue Bridge, nella parte del software che aggiunge nuovi dispositivi al controller. In questo tipo di vulnerabilità, che appartiene alla categoria CWE-119, Il software esegue operazioni su un buffer di memoria, ma può leggere o scrivere in una posizione di memoria che si trova al di fuori del confine previsto del buffer.

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