Le potenze asiatiche ed europee stanno elaborando strategie per difendere i collegamenti sottomarini che sostengono la connettività globale da rischi crescenti di sabotaggio e interruzione.
La rete mondiale di cavi sottomarini si estende per circa 1,4 milioni di chilometri e trasporta oltre il 95% del traffico internet intercontinentale. Nonostante la sua importanza, rimane esposta a danni accidentali – come quelli causati dalle ancore delle navi – e ad azioni intenzionali. I recenti episodi verificatisi nel Mar Baltico e nel Mar Rosso hanno dimostrato la vulnerabilità di questa infrastruttura, spingendo i governi ad avviare nuove iniziative di cooperazione internazionale per incrementarne la protezione.
Le lezioni del Mar Rosso e del Baltico
Nel febbraio 2024, diversi cavi nel Mar Rosso sono stati recisi dopo che le ancore di una nave cargo, affondata dai militanti Houthi, sono state trascinate sul fondale. L’incidente ha ridotto drasticamente la capacità di connessione tra Europa e Asia, bloccando operazioni finanziarie e comunicazioni digitali.
Allo stesso tempo, l’Europa ha affrontato episodi analoghi nel Mar Baltico. Molti funzionari occidentali hanno insinuato che dietro i danneggiamenti ci fossero operazioni condotte da navi legate alla Russia, sebbene gli esperti abbiano avvertito che non esistono prove concrete di sabotaggi deliberati. Per contrastare questi rischi, alcuni Paesi della NATO hanno intensificato le attività di pattugliamento, impiegando fregate, aerei da sorveglianza e droni navali per monitorare le rotte critiche.
Singapore e la strategia comune
“La difesa della rete sottomarina deve essere condivisa,” ha dichiarato il Ministro della Difesa di Singapore Chan Chun Sing durante lo IISS Shangri-La Dialogue, principale forum asiatico sulla sicurezza. Chan ha sottolineato che “non ha senso proteggere un solo tratto: è necessario garantire la sicurezza di entrambe le estremità.”
La leva geopolitica di Pechino
Nel Sud-est asiatico, le tensioni riguardano anche la posa e il controllo dei nuovi cavi. A febbraio, le autorità di Taiwan hanno sequestrato un’imbarcazione con equipaggio cinese sospettata di aver danneggiato un cavo vicino all’isola, che Pechino considera parte integrante del proprio territorio. La Cina esercita inoltre forti pressioni sui consorzi incaricati di realizzare nuovi collegamenti sottomarini dal Giappone attraverso il Mar Cinese Meridionale, imponendo che sia richiesto un “permesso” di Pechino. Secondo vari analisti, si tratta di un’ulteriore forma di rivendicazione di sovranità sulle acque contese.
La rivista Nikkei Asia ha riferito che la Cina starebbe sviluppando “dispositivi avanzati per il taglio dei cavi, in grado di agire anche su cavi corazzati a profondità estreme”. Le nazioni dell’area temono che queste tecnologie, unite ai rischi naturali, possano minacciare i progetti di energia rinnovabile come i parchi eolici offshore. Gli investimenti nei cavi elettrici sottomarini dovrebbero toccare 1,7 miliardi di euro entro il 2030.
Il Vietnam e la sfida della resilienza
Il Vietnam, che conta circa 90 milioni di abitanti e solo cinque cavi sottomarini principali, ha subito interruzioni severe: nel febbraio 2023 ha perso fino al 75% della capacità di trasmissione dati. Nell’estate dello stesso anno, tre cavi si sono nuovamente fermati. Le cause ufficiali restano poco chiare. Non si esclude l’ipotesi di incidenti provocati da pescherecci, ma la frequenza degli episodi alimenta il sospetto di manovre di sabotaggio.
Per migliorare la resilienza, Hanoi punta a installare fino a quattro nuovi cavi nei prossimi anni, così da potenziare la connettività e sostenere le ambizioni tecnologiche nazionali. Tuttavia, la posa di cavi oceanici richiede risorse ingenti e le aziende vietnamite stanno cercando finanziamenti esteri, soprattutto da Stati Uniti e Cina. Questo scenario offre all’Europa un’occasione per inserirsi come partner alternativo, poiché diversi Paesi della regione vogliono emanciparsi dalla contrapposizione Washington-Pechino.
L’Europa e la “diplomazia dei cavi”
La francese Alcatel Submarine Networks è considerata tra i principali operatori mondiali nella posa di cavi, mentre varie aziende europee dispongono di flotte specializzate nelle riparazioni. A febbraio, l’UE ha presentato un piano d’azione per la sicurezza dei cavi, con l’obiettivo di sviluppare una “diplomazia dei cavi avanzata” e migliorare lo scambio di informazioni con i partner indo-pacifici.
Pochi giorni dopo, la vicepresidente della Commissione europea Henna Virkkunen ha annunciato uno stanziamento di quasi 1 miliardo di euro per potenziare la sorveglianza e creare una flotta europea dedicata alle riparazioni di emergenza.
Stati Uniti ed Europa: visioni divergenti
La possibilità che l’Europa assuma un ruolo più attivo in Asia non è priva di ostacoli. La Cina controlla già buona parte dell’infrastruttura regionale e sostituirla sarebbe impraticabile. Inoltre, gli Stati Uniti appaiono contrari a un maggiore impegno europeo nell’Indo-Pacifico.
Il Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth, ha invitato i partner europei a concentrarsi esclusivamente sulla difesa del continente. La risposta dell’UE non si è fatta attendere: l’Alto rappresentante Kaja Kallas ha definito “un’illusione” la separazione tra sicurezza europea e indo-pacifica, auspicando una collaborazione più stretta per contrastare le “flotte ombra” e rafforzare le tutele legali sulle reti di cavi sottomarini.