AI applicata alle indagini di Polizia: opportunità e sfide. L’analisi di Nunzi (Europol)

Il beneficio complessivo che le forze dell’ordine traggono dall’impiego dell’AI è duplice: il rafforzamento netto della capacità operativa e la possibilità di un miglior impiego dell’insostituibile capitale umano. L’analisi di Alfredo Nunzi, Capo del Dipartimento Affari Istituzionali e Legali – Europol.

La continua evoluzione digitale impone sfide significative alle forze dell’ordine che si trovano a fronteggiare scenari criminali complessi e in continua trasformazione.

Le innovazioni tecnologiche come l’Intelligenza Artificiale costituiscono per le forze dell’ordine potenti risorse per il contrasto alla criminalità organizzata. Allo stesso modo, esse offrono alle organizzazioni criminali strumenti spesso poderosi volti a perseguire attività illecite.

Alfredo Nunzi a CyberSEC2025

Lo scenario

L’Intelligenza Artificiale, pur essendo spesso vista come una tecnologia relativamente recente, è ormai parte integrante delle attività investigative moderne. In questo contesto, l’AI si propone come un alleato fondamentale per affrontare le crescenti sfide che le forze dell’ordine devono fronteggiare, tra cui l’analisi di grandi quantità di dati e la necessità di rispondere tempestivamente a fenomeni criminali in continua evoluzione.

Tuttavia, quando si accosta il concetto dell’AI a quello delle indagini, una questione spesso sollevata è se si possano verificare abusi: se questo accostamento costituisca una minaccia per la riservatezza più che una risorsa per gli investigatori; se possa essere considerato “etico” l’impiego di AI in attività di polizia.

La prima risposta a questo dibattito deve necessariamente partire dalla considerazione secondo cui la tecnologia non può considerarsi buona o cattiva; può senz’altro essere efficace, ma è l’uso che se ne fa ad essere più o meno avveduto. In specie, l’attuale impiego dell’AI nei settori di nostro interesse restituisce almeno due punti fermi: l’AI è ampiamente usata (abusata, dovremmo forse dire) dalle organizzazioni criminali e terroristiche in un vasto spettro di attività criminali o illecite (frodi informatiche e finanziarie, adescamento di minori, radicalizzazione e reclutamento) e non esistono indicazioni che questo trend sia prossimo ad essere invertito.

AI e indagini di Polizia: quale uso

Del pari, l’AI è, ad oggi, l’unico strumento che permetta alle forze di polizia di tenere il passo in indagini che richiedono l’analisi di una sempre maggiore mole di dati. Il potenziale dell’AI per le forze dell’ordine incide su ogni aspetto dell’analisi informativa:

  • Analisi dei dati – strumenti basati sull’AI permettono di affrontare l’analisi di enormi quantità di dati, rinvenendo indicazioni (pattern) che l’occhio umano potrebbe non cogliere, specie se innanzi a grandi quantità di dati da analizzare;
  • Analisi Linguistica (Natural Language Processing – NLP) – volta all’estrazione di stralci e indicazioni d’interesse nel corso dell’analisi di testi (text dataset);
  • Analisi di dati digitali (Digital forensics) – l’analisi di strumenti o piattaforme digitali volte all’identificazione dei dati d’interesse;
  • OSINT e SOCMINT (Social Media Intelligence) – analisi di grandi quantità di dati non strutturati rinvenuti su fonti aperte, prodromiche all’acquisizione in tempo reale di informazioni utili alla soluzione di minacce imminenti (prevenzione di attacchi terroristici, rintraccio di minori nelle immediate more del loro rapimento);
  • cd “predictive policing” – la capacità delle forze dell’ordine di osservare l’evoluzione dei fenomeni criminali e di allocare le risorse nei settori dove si ritiene si possa verificare la maggiore recrudescenza.

AI e indagini di Polizia: Pro e contro

Il beneficio complessivo che le forze dell’ordine traggono dall’impiego di IA è duplice: il rafforzamento netto della capacità operativa e la possibilità di un miglior impiego dell’insostituibile capitale umano; a ben vedere, per le forze di polizia, rinunciare all’impiego dell’IA si tradurrebbe nella sostanziale incapacità di tenere il passo con la rapidità e la duttilità spesso dimostrata da organizzazioni criminali e gruppi terroristici.

Se da un lato i benefici sono evidenti, dall’altro, un impiego erroneo dell’AI può generare delle vulnerabilità: un elemento da non sottovalutare è la necessità di un’impostazione imparziale degli algoritmi (data bias and fairness): se mal impostato, un sistema di AI generativa può diventare recidivo nei suoi errori, inevitabilmente portando a previsioni fuori misura (deleterie per le indagini) o a identificazioni biometriche inaffidabili; alcune applicazioni d’intelligenza artificiale possono rendere invasiva un’attività di sorveglianza non organizzata secondo rigorosi parametri di rispetto della riservatezza.

Ogni innovazione porta con sé delle difficoltà, ma alcuni elementi di chiarezza ci giungono dal cd AI Act: la norma, che dispiegherà gradualmente la sua efficacia (due scaglioni: agosto 2025 e agosto 2026), è volta a regolare lo sviluppo e l’applicazione dei sistemi di AI all’interno dell’Unione, ivi compresi quelli destinati alle attività di polizia. L’architrave dell’impianto normativo è quello di un quadro generale che preveda l’impiego dell’intelligenza artificiale per le attività di polizia, salvo la categorizzazione di applicazioni considerate ad alto rischio, consegnate ad una disciplina più severa e limitativa (esempio: riconoscimento biometrico in luoghi pubblici).

L’importanza dell’AI ACT

A prima vista, le norme appaiono sempre come una limitazione, ma, in verità, nel prevedere che gli strumenti AI che adoperiamo rispondano a precisi criteri, l’AI Act spinge le forze dell’ordine all’innovazione, incoraggiando l’adeguamento degli strumenti necessari alle forze di polizia ai criteri di sicurezza stabiliti, piuttosto che legare il dettato del diritto positivo a una politica di divieti.

Ciò posto, l’obiettivo è quello di trovare un punto di equilibrio fra gli indubbi benefici dell’IA e i rischi che un uso improprio dello strumento potrebbe provocare: questa combinazione è l’unica che possa racchiudere in sé buoni risultati operativi (sicurezza) e il rispetto dei diritti fondamentali dell’Uomo (etica). L’un aspetto è funzionale all’altro: senza una cornice di sicurezza vengono a mancare i presupposti per l’esercizio dei diritti umani, i quali costituiscono il primo obiettivo di ogni presidio di sicurezza.

La strada da seguire

In conclusione, dunque, è necessario che le forze dell’ordine investano in innovazione, anche aprendosi al mondo della ricerca, dell’università, delle istituzioni finanziarie, delle società di comunicazione, ad altri settori della pubblica amministrazione, a mente di un punto indefettibile: la tecnologia continuerà a progredire e avrà un ruolo sempre maggiore nelle attività di polizia.

La strada da seguire è quella di un approccio bilanciato, laddove i benefici dell’IA siano massimizzati e i suoi rischi attentamente calmierati, in linea con i principi ispiratori della recente legislazione europea: a volte la soluzione è più vicina di quanto il problema non prometta.

Capo del Dipartimento Affari Istituzionali e Legali - Europol

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