L’obiettivo del presidente degli Stati Uniti e dei funzionari della sicurezza nazionale è normalizzare l’uso di operazioni di hacking offensive, trasformandole in una leva strategica al pari di altre capacità militari e di intelligence. Ma con il rischio di aumentare ritorsioni e un’escalation di conflitti cyber.
La nuova amministrazione Trump si appresta a stanziare circa 1 miliardo di dollari per potenziare le capacità statunitensi “cibernetiche offensive”, ossia operazioni attive di hacking contro reti informatiche di potenziali avversari. Si tratta di un cambio di strategia significativo e potenzialmente controverso che punta a rendere l’offensiva cyber uno strumento regolare di potere nazionale.

Verso la normalizzazione della guerra cibernetica?
Secondo quanto rivelato da fonti governative, spiega TechCrunch in questo articolo, l’obiettivo dichiarato dei funzionari è destigmatizzare e normalizzare l’uso di operazioni di hacking offensive, trasformandole in una leva strategica al pari di altre capacità militari e di intelligence.
La nuova squadra per la sicurezza nazionale – che comprende Alexei Bulazel alla guida delle politiche cibernetiche del Consiglio per la Sicurezza Nazionale e Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale – sta imprimendo un’accelerazione decisa a questa linea di condotta.
In particolare, l’attenzione è puntata sulla Cina, ritenuta responsabile di campagne di intrusione nei sistemi statunitensi. Alcuni membri repubblicani del Congresso hanno già manifestato pieno sostegno a un approccio più aggressivo verso Pechino, sollecitando risposte proporzionate e mirate per scoraggiare futuri attacchi.
L’obiettivo delle operazioni hacking offensive? Cina e Russia
Il piano da un miliardo di dollari rappresenta la più ampia iniziativa di investimento federale nel potenziamento di strumenti di cyber warfare offensivo, con la creazione di unità dedicate, nuove infrastrutture tecnologiche e programmi di formazione avanzata.
Per i sostenitori del piano, si tratta di un passaggio obbligato: rafforzare le capacità offensive costituirebbe un deterrente credibile contro intrusioni sistematiche e furti di dati strategici. Per i critici, invece, questa corsa al cyber-armamento rischia di minare la stabilità globale e di abbassare la soglia di utilizzo di strumenti digitali offensivi.
Il rischio escalation di conflitti cyber rimane alto
Tuttavia, diversi esperti di cybersecurity avvertono che questa strategia potrebbe innescare una spirale di ritorsioni e un’escalation di conflitti cyber, oltre a creare rischi di danni collaterali imprevedibili sulle reti civili. Inoltre, la normalizzazione dell’hacking come strumento ufficiale di politica estera rischia di entrare in contrasto con le norme internazionali e con eventuali accordi multilaterali sulla gestione responsabile del cyberspazio.
Il pacchetto di finanziamento dovrebbe essere formalizzato nei prossimi mesi e accompagnato da nuove linee guida operative. In attesa dei dettagli definitivi, appare chiaro che gli Stati Uniti si preparano ad abbracciare la guerra informatica come un pilastro permanente della propria strategia di sicurezza nazionale.


















