On. Artini (Difesa): ‘Un errore affidare la cybersecurity italiana ai servizi segreti’

Massimo Artini, vicepresidente della commissione Difesa della Camera, boccia senza apopello l’ipotesi di affidare la direzione della cybersecurity italiana a una fondazione posta sotto il diretto controllo del Dis.

Lo abbiamo intervistato su questo e altri punti focali del settore. Secondo il parlamentare, infatti, tutta la legislatura è stata “in chiaroscuro” soprattutto per questo comparto.

Onorevole Artini, lei ha lamentato che affidare la Cyber Security a una Fondazione dei Servizi segreti è una ‘follia’. Perché e come si è arrivati a questa decisione?

 

Sinceramente non ho ben compreso i passaggi che hanno portato ad inserire in legge di Bilancio questa proposta: posso capirne le finalità, ma ribadisco che a fronte della necessità di creare un sistema strutturato per la gestione della Cyber, questa soluzione era pericolosa e raffazzonata. Inoltre anche mal posta, giacché non presentabile sul provvedimento di Bilancio. Il tema Cyber è e sarà sempre di più in futuro sull’agenda del Parlamento e del Governo: affrontarlo con uno strumento come la Fondazione di diritto privato, configurata nei servizi, era ed è veramente rischioso e, probabilmente, inefficace.

Dunque la sua proposta alternativa quale sarebbe?

 

Creare, nel rispetto della direttiva NIS (che ha la finalità di uniformare le varie realtà europee), una struttura (agenzia) che abbia un ruolo forte ed attivo nell’ambito della sicurezza cibernetica, creando una figura di forte responsabilità politica all’interno della Presidenza del Consiglio, con chiari confini tra la difesa cibernetica e la sicurezza nazionale.

Ieri il ministro della Difesa ha annunciato la volontà di aumentare gli investimenti sulla Difesa per portarli a livello di Germania e Francia. Lo ritiene possibile?

 

Ieri il ministro della Difesa ha detto che il paragone con gli altri Paesi è impari e che plausibilmente il nostro Paese potrà puntare, se avrà la volontà politica per farlo, a effettuare investimenti di entità analoga a quelli degli altri Paesi. Registro, per indicarle la possibilità di vedere un seguito a queste considerazioni, che ad oggi il libro bianco, e in particolare la parte che riguarda la legge di programmazione sessennale degli armamenti, latita al Senato.

L’annuncio della ministra Pinotti, fatto in audizione alla commissione di cui lei è vicepresidente, prevede un ampio sostegno alle Pmi italiane del comparto. Qual è la situazione italiana del settore e quale futuro prevede?

 

La situazione italiana mostra una serie di effettive eccellenze in aree anche presidiate da avversari industriali stranieri nominalmente più grandi, ma meno capaci. Senza però una chiara visione, sia a livello nazionale che europeo circa lo sviluppo industriale e la capacità nazionale nei prossimi mesi, siamo destinati a posizioni marginali (magari pregiatissime) ma marginali.

A breve la commissione sarà chiamata al parere sulla legge delega per il riordino delle norme sulla tecnologia dual use. A che punto siamo e cosa ci si può aspettare per il futuro?

 

Il testo è ancora in discussione, credo che ci vorranno un paio di settimane prima di avere una chiara visione sull’argomento Dual Use.​

Siamo ormai agli sgoccioli della legislatura. Quale bilancio fa degli ultimi cinque anni del settore difesa e soprattutto quali sono le priorità che lasciate in eredità al prossimo esecutivo e al prossimo Parlamento?

 

Il bilancio dei 5 anni di questa legislatura è in chiaroscuro. In particolare non aver dato seguito alla riforma del libro bianco (ancora non approvata) porta ad un detrimento nella generale visione della Difesa da un punto di vista governativo. Da un punto di vista industriale abbiamo mancato alcune possibilità (Fregate per Australia, Addestratori per USA) e questo è un aspetto che desta preoccupazione. Per ciò che concerne il  personale con le stellette, non siamo riusciti a dare seguito alle richieste europee di riforma della rappresentanza. Sulla questione Cyber defence e warfare abbiamo fatto passi avanti, ma non così marcati. Questi punti faranno necessariamente parte dell’agenda del prossimo governo, come il passaggio relativo alla Difesa Europea, avviato in questa fase finale della legislatura, ma che vedrà sia industrialmente che politicamente il suo pieno affermarsi nei prossimi anni.​

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